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Supermercati e negozi continuano ad assumere. Fare il commesso è un “buon lavoro”? – Extra – Mercoledì 29 maggio 2024

Si fa presto a definirli “commessi” e, forse, è insita proprio nella facilità con cui liquidiamo il ruolo di chi opera nei negozi al dettaglio o nei supermercati che ci porta a sottovalutare un ruolo al contrario sempre più importante e delicato. Perchè, diciamo la verità, l’addetto alla vendita è una presenza discreta ma che può rivelarsi spesso decisiva se per esempio dobbiamo provare un capo di abbigliamento o abbiamo bisogno di un consiglio: un po’ personal shopper e un po’ psicologo, chi opera a contatto con il pubblico deve essere armato di tanta pazienza e una buona dose di empatia per svolgere bene il proprio incarico.

Fare il commesso o la commessa, quindi, non è un lavoro semplice o addirittura banale, come si potrebbe pensare. E un altro pregiudizio da sfatare riguarda il trattamento economico: lavorare in un negozio non significa automaticamente paghe da fame e in nero. Anzi. I dati diffusi recentemente da Federdistribuzione dicono che l’occupazione nel settore della distribuzione moderna e organizzata è in crescita, così come gli investimenti in formazione, che rappresentano una caratteristica distintiva del settore.

Secondo il rapporto sul mercato del lavoro realizzato da Federdistribuzione in collaborazione con Pwc e Adapt, presentato poche ore fa al Cnel insieme alle istituzioni e ai sindacati, tra il 2018 e il 2022 il numero degli occupati è aumentato del 7%, raggiungendo i 440mila. In media, ogni azienda associata investe 1,4 milioni di euro all’anno in formazione, e ogni dipendente dedica 22,4 ore ai corsi di specializzazione. La maggior parte degli addetti (91%) lavora nei punti vendita, mentre il 9% è impiegato nelle sedi. Due caratteristiche del settore sono la prevalenza di donne, che costituiscono il 58% della forza lavoro, e i contratti a tempo indeterminato, che rappresentano l’86% del totale.

Certo, questo non significa dire che lavorare nel commercio sia tutto rose e fiori e possono testimoniarlo i rappresentanti sindacali di Filcams, Fisascat e Uiltucs che da anni si battono per le classiche rivendicazioni salariali (il contratto di categoria è stato rinnovato pochi mesi fa dopo anni di proteste) e per rivedere le regole relative soprattutto all’organizzazione del lavoro basata su turni e nei giorni festivi.

Il contesto complessivo, però, sembra tendenzialente roseo e soprattutto in controtendenza rispetto all’andamento del mercato occupazionale di un paese, l’Italia, dove negli ultimi mesi sono aumentati i nuovi contratti di lavoro ma per brevi periodi. Nel commercio invece i contratti part-time sono solo il 44%, in lieve aumento. Il presidente di Federdistribuzione, Carlo Alberto Buttarelli, spiega che questi dati riflettono un settore costituito da grandi imprese che continuano a crescere, investendo notevolmente nello sviluppo e nel radicamento territoriale, con organizzazioni complesse.

Ogni nuova apertura di un punto vendita rappresenta una significativa opportunità occupazionale, confermando il settore come un motore di occupazione. Nonostante l’evoluzione tecnologica, come l’introduzione delle casse automatiche, l’occupazione ha tenuto bene anche durante la pandemia, dimostrando la necessità di mantenere il fattore umano e il rapporto con i clienti.

Le imprese del settore affrontano la sfida di attrarre giovani talenti, con l’82% delle aziende che pone l’attraction e l’employer branding al centro della gestione delle risorse umane. Le strategie includono la formazione (71%), le opportunità di crescita interna (68%), e l’attenzione all’ambiente di lavoro e al trattamento economico (61%). L’occupazione è concentrata nei punti vendita, ma nelle imprese tutte le persone hanno la possibilità di sviluppare percorsi professionali di crescita, supportati dalla formazione, distinguendosi così dal commercio tradizionale.

Ma quali attività commerciali cercano commesse e commessi? E quali caratteristiche bisogna avere? Le imprese cercano soprattutto profili operativi: nel 2024, il 90,3% delle ricerche riguarda i servizi operativi, in particolare il 61,6% per addetti alle vendite, il 14,3% per specialisti del settore food, il 3,5% per capireparto e un’altra percentuale simile per store manager. Sempre Buttarelli osserva che alcuni profili, come appunto gli specialisti del food, sono difficili da trovare, e molte aziende hanno istituito scuole di mestieri per sopperire a questa mancanza. La rete di punti vendita rappresenta la porta d’ingresso per le sedi, dove si imparano le dinamiche aziendali e si coltivano importanti relazioni con i clienti. Per il recruiting, il settore utilizza vari canali, con una preferenza per quelli gestiti direttamente dalle aziende, come i social media e le agenzie per il lavoro.

In questa puntata di Extra, il programma di approfondimento quotidiano in onda su Radio Roma News Tv, Claudio Micalizio approfondisce le criticità del settore con Gabriele Fiorino, segretario nazionale Uiltucs.

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